Dispositivi IoT

Spesso i dispositivi IoT, ovvero i prodotti dell’Internet of Things, vengono ritirati dal mercato o il fornitore software di riferimento smette di supportarli. Vediamo cosa accade ai dati degli utenti, e cosa fare in questi casi.

Indice

IoT e obsolescenza programmata

Se, pur usandolo, non sai esattamente cos’è un dispositivo IoT, ti consigliamo di recuperare questo articolo o di leggere la definizione che segue:

I dispositivi connessi sono parte di una rete di oggetti che compone l’Internet of Things (IoT), e sono dotati di tecnologie che consentono di trasmettere e raccogliere dati, da e verso altre cose e sistemi. Esempi di dispositivi IoT sono smartphone, frigoriferi intelligenti, smartwatch, fit band, allarmi antincendio, serrature e biciclette intelligenti, sensori medicali intelligenti e assistenti virtuali tra cui Alexa, Google Home e altri.

Anche se un tempo gli oggetti di uso comune duravano a lungo (le televisioni a tubo catodico anche 15 anni senza dare alcun problema), oggi non è più così. Ad esempio, dopo tre anni una smart TV può iniziare a presentare dei bug. Le app si bloccano, inizia il buffering rallentato durante lo streaming, il sistema non si aggiorna, ecc. Anche i gadget elettronici generalmente durano poco: dopo due anni la batteria si scarica più facilmente, il caricamento delle schermate è lento e appaiono dei glitch.

L’obsolescenza programmata degli smartphone e dispositivi elettronici è uno dei principali problemi dell’Internet “delle Cose”. Una rete composta sempre più da dispositivi e applicazioni che dopo un periodo di tempo smettono di funzionare come dovrebbero, oppure che non vengono più aggiornati perché non è conveniente per l’azienda stessa che li ha prodotti. Di esempi ce ne sono tantissimi: dagli speaker intelligenti che non ricevono aggiornamenti e sono potenzialmente pericolosi, fino alle lampadine smart.

Rischio sicurezza e protezione utenti

L’obsolescenza programmata è un argomento molto dibattuto in questi ultimi anni, e non solo per l’impatto ambientale. Alcune nazioni pensano addirittura a una soluzione legislativa per regolare la protezione dei dati e il rilascio degli aggiornamenti.

Il Regno Unito, ad esempio, ha avanzato una proposta di legge per migliorare la sicurezza IoT, contenente tre regole valide per tutti i fornitori nel mondo:

  • le password per l’accesso ai dispositivi devono essere univoche;
  • occorre supporto per la segnalazione di bug;
  • il periodo di tempo minimo per gli aggiornamenti dev’essere stabilito chiaramente.

Gli USA, invece, per ora si limitano ai dispositivi connessi utilizzati dal governo. Tuttavia, nessuno ha ancora risolto il problema di quello che succede quando il dispositivo acquistato viene ritirato dal mercato o viene interrotta la produzione. E se il fornitore esce dal mercato, o se viene hackerato? La sicurezza degli utenti è messa a rischio ed è necessario trovare una soluzione che vada bene a tutti.

Dispositivi IoT

Misconfiguration, vulnerabilità tipica dell’IoT

Facciamo un esempio concreto per comprendere i rischi a cui si può essere esposti. La mancata configurazione dei dispositivi IoT da parte dell’utente induce alle vulnerabilità chiamate “di misconfiguration”.

Può accadere che nel suo dispositivo IoT un utente poco attento non modifichi la password via Internet. Un problema serio poiché i fornitori poco prudenti impostano un’unica chiave di accesso per tutti i dispositivi venduti.

Lo stesso avviene se si utilizza una password debole: il produttore non dovrebbe consentire di impostare password facilmente indovinabili.

Conviene investire in un ecosistema IoT?

Capire se conviene investire in un ecosistema IoT è un’operazione complessa, anche se il budget necessario non è necessariamente elevato. Questo perché l’incertezza sulla durata di un dispositivo IoT aumenta se il costo del dispositivo è notevole.

Prendiamo, ad esempio, i robot aspirapolvere di fascia alta con Wi-Fi e tecnologia di navigazione avanzata. Il costo può arrivare fino a 1.000 euro e di rado la durata è superiore a due anni. Se il problema interessa i privati, per le aziende può diventare ancora più azzardato ipotizzare un sistema complesso unendo più dispositivi.

Posso ancora usare vecchi dispositivi IoT?

Anche gli esperti stanno analizzando il problema: Frank Gillett della Forrester Research ha dichiarato che per le aziende supportare una tecnologia vecchia ha un costo elevato. E i fornitori di dispositivi devono garantire sempre più servizi agli utenti. Infatti, devono garantire applicazioni per controllare i dispositivi da remoto e collegarli ad altri. La realizzazione di queste app necessita però di costi aggiuntivi.

Questo significa assumere programmatori, sviluppatori e professionisti esperti. Anche perché occorrono aggiornamenti costanti per rendere l’app affidabile. Costi difficili da sostenere: per questo, spesso si decide di non supportare più un dispositivo dopo pochi anni. Così l’utente deve acquistare quelli nuovi per non rischiare di perdere i dati.

Dispositivi IoT non supportati, cosa fare

Se i tuoi dispositivi basati su IoT non funzionano più, occorre adeguare il tuo ecosistema IoT con nuove soluzioni in grado di fare fronte a minacce e requisiti di funzionamento in modo adeguato. Il problema può trasformarsi in opportunità, soprattutto se consulti professionisti esperti.

Per fare una checklist dei materiali e software occorrenti per mettere in piedi un sistema performante, contattaci e richiedi maggiori informazioni.